giovedì 6 giugno 2013

"Noi eravamo di scorta" - Le donne di Terni e la Serrata del 1905

Un ombrello di troppo, fra la selva di manganelli, e Terni è tornata all'attenzione dei media nazionali. A seguito di uno scontro fra operai Ast e polizia, lo ius umbrellis è calato impietosamente sul primo cittadino ternano: apriti testa, apriti cielo. Seguendo il trend piddino, il sindaco De Girolamo ha paragonato l'accaduto ai soprusi di #occupygezi, millantando un trascorso di lotta e resistenza. Ora, cosciente che si tratti di un misero e frugale "fuoco di paglia" (mediatico e politico), vorrei portare all'attenzione di voi lettori un racconto della prima grande lotta per i diritti dei lavoratori avvenuta a Terni. A scriverla è Alessandro Portelli, storico e anglista con un'infazia ternana, che negli anni '80 ricerca e intervista il "cast" della Terni moderna. Qui è raccontata una strana storia che vede donne e bambini prendere in mano la serrata contro l'Ast (Acciai Speciali Terni) e armarsi di musica e cenere per contrastare la milizia giolittiana. Perchè rispolverare questo episodio? Non perchè "ogni lotta è la stessa lotta", ma piuttosto perchè è la "diversità" di ogni lotta a renderla degna di memoria ed esempio.


*** 

La Serrata.

Nel 1905, gli operai della Terni avevano richiesto un regolamento di fabbrica, da concordare tra la società e i loro rappresentanti. Dopo un lungo sciopero, la Terni si impegna a presentare entro marzo 1907 un regolamento previamente discusso e contenente alcuni punti qualificanti (tra gli altri: mantenimento della paga nominale per gli operai passati di macchina; aumenti per i manovali e per il lavoro notturno; conservazione del posto per gli infortunati invalidi). Ma alla data stabilita la Terni presenta un regolamento non concordato che "Il Messaggero" definisce "degno della mente di Torquemada" per la "fitta e ferrea rete di piccole disposizioni disciplinari" tutte punibili col licenziamento. Tra i punti più dolenti è la libertà della società di licenziare chi si infortuna sul lavoro; [...]

Gli operai rispondono dichiarando l'ostruzionismo; la Terni annuncia che chi non firma entro una settimana sarà ritenuto dimissionario, e licenzia ventiquattro attivisti, tra cui Costantino Fusacchia, repubblicano, membro della lega metallurgica. Tuttavia, nessuno firma: la fabbrica si svuota, si spengono i forni. [...]

I tremilacinquecento dipendenti della Terni costituiscono, con le loro famiglie, più di metà della popolazione. E Terni comincia ad attrezzarsi per la lunga battaglia; [...] "Non dimentichiamo che mentre nascono queste prime dure lotte, i ternani dovettero emigrare, perchè erano bersaglio della reazione [...] una tradizione di ternani, di trasmigrazione - forzata, obbligata dalla miseria" (Arnaldo Lippi).

Terni intanto si riempie di soldati, acquartierati nelle fabbriche, nel municipio, nelle chiese; da Colle dell'Oro i cannoni sono puntati sulla città. La Terni offre qualche modifica al regolamento, ma tiene fermi i licenziamenti e la firma individuale; [...] Ma l'estenuante ricerca di mediazioni, l'indebolimento causato dalla partenza di tanti operai tra i più giovani e attivi, il rallentamento della solidarietà economica nazionale, cominciano a pesare. I comizi si svuotano; [...]

Gaetano Cruciani: "Lì a viale della stazione c'era la refrattaria, i forni dell'acciaieria. Allora, lì ciavevano accampato una compagnia de soldati, capisci? E allora de sera, verso le nove le dieci, queste qui de Centurini [storico jutificio a base femminile], unitamente anche alle mogli dei serrati, capisci, e noi - noi eravamo di scorta; gli uomini adulti praticamente non c'erano - 'ste donne qua; e cantavano l'inno dei serrati. [...] Era notte, i soldati erano tutti a dormi', e se misero da sopra i davanzali, tutti a applaudi'. I soldati. Applaudivano le donne. E il giorno dopo, caro mio, li fecero sparire subito. Li portarono via.

Il 20 maggio [...] "armate e munite di cenere" le donne di Borgo Bovio vanno ad aspettare i crumiri all'uscita dell'acciaieria, e i "malcapitati" vengono "furiosamente malmenati". Interviene la polizia, ma il giorno dopo le donne tornano, insieme a quelle di Sant'Agnese. Fermano i tram che portano i crumiri alla Valnerina, li tirano giù, li picchiano; esce la cavalleria, cominciano le cariche e gli arresti.

"Il mondo alla rovescia": "le donne e i fanciulli ordinano lo sciopero generale". "Virago bellicose" bloccano Centurini, sfondano i cancelli Gruber [altro jutificio al femminile], picchettano la Fabbrica D'armi, fermano i cantieri, invadono il mercato e buttano all'aria i banchi. "Sempre seguite da una folla urlante di uomini e di ragazzi" costringono i negozi a chiudere. "Oggi comannamo noi", gridano - "ed è verissimo!". Arrivano rinforzi, Terni è in stato d'assedio. L'"Avanti!" minimizza: parla di "pochade", "donne scarmigliate", "monelli schiamazzanti", infiltrati e provocatori.

Senza l'appoggio delle organizzazioni, il movimento si esaurisce presto. "Il movimento femminista...abortisce", ironizza "Il Messaggero": "il governo delle donne è cessato: sia lodato Iddio!" "Dopo la tempesta il sole", annuncia "L'Avanti!". [...] Ma l'irruzione dei soggetti non autorizzati, virago bellicose e monelli schiamazzanti, ha imposto una svolta.


L'accordo viene infine raggiunto, dopo novantatre giorni, con la mediazione dei repubblicani e della camera di commercio di Foligno. Alcune rivendicazioni importanti sono state accolte; resta il punto dolente dei licenziamenti, sui quali la Terni è irremovibile.


Tratto da:
Biografia di una città. Storia e racconto: Terni 1830-1985 [fuori commercio]
Capitolo Terzo - "La Serrata", p. 104-109.
di Alessandro Portelli 

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